Miracolo a Le Havre

Forse ho pensato di fare cinema perché non sono capace di nessun lavoro onesto. Camminavo ogni giorno su e giù per le vie del centro di Helsinki cercando di rimediare i soldi per bere, ma era sempre più difficile trovarne. Allora ci siamo detti: cominciamo a fare film. Uno ha chiesto: su cosa? Io ho risposto: su questo schifo che è la nostra vita”. Aki Kaurismaki.

Si è manifestato un Miracolo, a Le Havre. Improvvisamente il Cinema! Per un solo istante, lungo 93 minuti, è apparso.

Il Cinema di Kaurismaki è un Cinema sintetico. Oppone la sintesi e la sottrazione a tutto il resto.

Dalle foreste Finlandesi sottrae ai ricchi per dare ai poveri. Sottrae tutto, Kaurismaki, anche se stesso. Limita al minimo il movimento e quando tutto sembra fermo e gli attori privati di qualsiasi tensione al movimento(Bresson sentitamente ringrazia), questo Santo bevitore prende a corrodere il tempo di ogni singola inquadratura, come l’acqua che lavora la pietra in maniera inesorabile, finendo per darle ogni giorno una forma diversa, nonostante appaia, ad un occhio non allenato, solo leggermente levigata.

Ad un tratto, come per miracolo, uno spettatore indifferente, dice a mezza bocca “sembra un film degli anni 40!”.

Miracolo! A cosa serve la conoscenza se l’intuito, in una frazione di secondo, la mette in ridicolo? Però, quando alle spalle del poveropoliziotto(e non “del povero poliziotto”, lui è tra i poveri), su un container al porto, si manifesta Kronos, il cerchio sembra chiudersi alla perfezione e io posso tirare un sospiro di sollievo. L’intuito arriva prima ma non ha senso dell’orientamento. La conoscenza ha i suoi tempi. Il Cinema dovrebbe farlo solo gente che lascia all’immagine il proprio tempo.

Se tutto ciò non vi è chiaro, abbiate fede. Tempo al tempo.

I giusti puntano a Kairos ma devono accontentarsi di Kronos, ma di questi tempi, per il cinema, è già tanto.

(Questo periodo è stato offerto dalla ditta Deleuze e figli)

Serve davvero che dica che il film è quasi un altare eretto a Zavattini e a Miracolo a Milano?

Basti sapere che in questo film “buongiorno vuol davvero dire buongiorno”.

Di fronte all’inspiegabile non resta che la totale inerzia, l’assenza di qualsiasi reazione. Il fatalismo è andare in giro con un ananas senza che nessuno, tu per primo, le dia alcun peso e ciò che non ci pesa non ci affossa.

Kaurismaki sottrae, dona e sacrifica tutto, lo spettacolo stesso perde ogni interesse se non supportato da qualcosa di profondo e viscerale. Little Bob torna sul palco per amore. Non per amore di una donna, per Amore.

Non c’è salvezza per nessuno e non potrebbe essere diversamente per questa massa d’inetti. Come fu per Frate Asino che non poteva perdersi o salvarsi, perché senza intenzione,inetto.

Kaurismaki ha avuto il merito di realizzare un film che lascia trasparire, che non corre ma resta fermo. E questo non perché sia giusto ma perché non esiste il modo giusto di muoversi e muoversi per distrarre è solo un inutile dispendio energetico.

Un miracolo è la trasparenza. Sacramento è questa demenza, perché una fede accecante li ha sbarrati, questi occhi, ha mutato gli strati – erano di pietra gli strati – li ha mutati in veli. E gli occhi hanno visto la vista. Uno sguardo. O l’uomo è così cieco, oppure Dio è oggettivo.” Bene.


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M – Il mostro di Düsseldorf
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